sabato 30 agosto 2014

Hercules il Guerriero - Una recensione controcorrente


Se da un lato il nuovo film interpretato dall'ex lottatore Dwayne "The Rock" Johnson, si presenta come un mix tra I Mercenari (c'è un gruppo di "specialisti"), Conan il Barbaro (Ercole è un mercenario che combatte per soldi) e forse persino l'Hercules televisivo prodotto da Rob Tapert e Sam Raimi (il tono qua e là sopra le righe, lo sfruttare personaggi del mito, donandogli caratteristiche nuove), dall'altro lato vorrei fare notare tre elementi:

  1. Si cerca di scavare dietro alle gesta incredibili dell'eroe per rivelare che forse dietro Ercole, come dietro a Ulisse, Sigfrido, re Artù e altri eroi leggendari c'erano degli uomini veri. E proprio il cercare di presentare Ercole come un uomo e non come un essere semidivino e invulnerabile è il primo punto di forza del film.
  2. Incredibilmente per una volta manca quell'individualismo anarcoide di tanto cinema americano, che poi è proprio la base del capitalismo. Anche se superficialmente può sembrare una ribellione alla società attuale, finisce per confermarne gli aspetti peggiori . Qui, invece, ci viene spiegato che Ercole non sarebbe riuscito a compiere le sue fatiche senza l'aiuto dei suoi amici e compagni d'arme. Pure il discorso che il protagonista fa a dei soldati, su come ogni individuo possa diventare l'anello di una catena per difendere sé stesso i propri cari, per quando recitato male, è a suo modo toccante.
  3. Da estimatore dei vecchi peplum italiani con Steve Reeves, Reg Park, Mimmo Palmara, ecc., posso dirvi che in realtà lo scopo del cinema mitologico è sempre stato quello di divertire il pubblico e in questo Hercules - Il Guerriero ci riesce molto più di tante altre produzioni hollywoodiane recenti.

sabato 9 agosto 2014

Pier Carpi, il mercante dell'occulto






Pier Arnaldo Carpi (1940-2000) è un autore dimenticato del fumetto italiano. Ha scritto sceneggiatura per personaggi quali Diabolik, Topolino e persino Superman e Batman nell'edizione italiana di Mondadori. Parallelamente ha inventato un insolito fumetto nero, Za-Ki-Mort. Insolito poiché, sebbene il nome della protagonista omaggi il bandito parigino Za-Là-Mort, creato da Emilio Ghione, non si tratta di una ladra ma di una giustiziera mascherata.
Sempre alla sua penna si devono le pin-up beat disegnate da Marco Rostagno (Poppea, Selene, Pupa Gay), con il quale Carpi avrà un prolifico sodalizio. Dello stesso periodo anche veri episodi di Uranella disegnata da Floriano Bozzi, senza contare i fumetti beat realizzati tra Italia e Francia, come Bob Lance, I Girovaghi e Teddy Bob che vedevano al lavoro tra gli altri Leone Frollo, Stelio Fenzo, Giorgio Montorio e Sergio Zaniboni.
La vetta artistica di Carpi, che sarà anche scrittore, poeta e regista di alcuni film, rimane tuttavia la rivista Horror, fondata in coppia con il giovane Alfredo Castelli (che avrà però con Carpi un rapporto piuttosto burrascoso). Edita da Gino Sansoni, il mensile era praticamente la risposta italiana alle testate della Warren Publishing, come Creepy, Eeerie e Vampirella, virata però con il fumetto "d'autore" alla Linus.
Su Horror, Pier Carpi inventa Alice, una bambina necrofila che compare in una grande vignetta muta sulla quarta di copertina, e la striscia umoristica di Beatrice, una strega perennemente sul rogo, circondata da comprimari del calibro di Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Sant'Antonio Abate e il diavolo in persona. Entrambe vengono disegnate dal già citato Rostagno.
Non mancano tuttavia storie autoconclusive molto interessanti: il grottesco Dottor Bernando, con uno scienziato pazzo che lavora per la mutua italiana e invidia il famoso chirurgo Barnard; il surreale I Vecchi Non Possono Volare, dove un viaggio in aereo si tramuta in un incontro con vari personaggi mitologici; la storia muta Opera Pia Landru che ci rivela un lato inaspettato dell'omonimo assassino francese; la fiaba iniziatica a base di angeli e demoni de L'Occhio di Lucifero che sarebbe piaciuta a Alejandro Jodorowsky.
Arriviamo così all'interesse di Pier Carpi per la magia e le dottrine ermetiche che, proprio anticipando il più blasonato Jodorwosky, permea in pratica tutta la sua produzione narrativa, fumettistica e filmica. La cosa, però, che lascia un po' perplessi è che Carpi condivideva con René Guénon, Jules Doinel, Aleister Crowley e altri occultisti moderni, una sorta di "pluri-affiliazione": era membro della Società Teosofica, ma anche della massoneria (rimase travolto dall'indagine sulla loggia P2) e simpatizzava persino per la Chiesa Cattolica Tradizionalista (quella che contesta il Concilio Vaticano II). Quest'ultimo legame risulta forse il più ambiguo di tutti, siccome i tradizionalisti considerano da sempre i massoni loro nemici giurati.
Una "polivalenza" che si esprimeva anche nella produzione di saggi e romanzi: se da un lato titoli come Povero Cristo e Gesù contro Cristo si attirarono accuse di blasfemia, dall'altro Le Profezie di Papa Giovanni XXIII, raccolta di alcuni testi (probabilmente falsi) del papa buono impegnato in una sorta di viaggio mistico-iniziatico, sembra negare l'antipatia che il nostro autore mostrava spesso per questo pontefice. Non manca nemmeno un volume I Mercanti dell'Occulto, dove il convinto assertore dell'esistenza della magia, Pier Carpi schernisce il proliferare odierno di tanti presunti maghi, astrologi e indovini.
Se alcuni ritengono che Capri agisse cinicamente, per puri scopi commerciali, invece l'ipotesi che personalmente vorrei proporre per interpretare questo scrittore è che si considerasse un grande iniziato, un novello Cagliostro che doveva nascondere ai più i suoi alchemici segreti. Non sarebbe il primo narratore a confondere il suo lavoro con la realtà. Come diceva Hugo Pratt "I bambini passano continuamente da un sogno ad un altro. Ma cosa succede se un adulto comincia a sognare?"

lunedì 4 agosto 2014

L'amico Fritz






Difficile parlare brevemente di Fritz Leiber (1910-1992) è stato uno dei più grandi scrittori fantastici del Novecento. Per questo è difficile parlarne brevemente, quindi per una visione più approfondita della sua opera e personalità rimando a questo articolo di Davide Mana.
Certo, bisognerebbe innanzitutto dedicare pagine a pagine ai suoi due personaggi più famosi, gli antieroici briganti Fafhrd & the Grey Mouser, protagonisti di un ciclo di avventure tra l'action, l'umorismo, il dramma, il macabro e il grottesco. L'unica cosa che mi preme segnalare di questi racconti, e della quale molti lettori non si rendono conto, è che furono scritti a partire dagli anni '30, quando il fantasy come genere ancora non esisteva. Sono proprio stati autori come Robert E. Howard, Clark Ashton Smith, Poul Anderson e appunto Leiber a crearlo su riviste quali Weird Tales e Unknown.
Altro punto fondamentale ( ma su cui preferisco non soffermarmi troppo) è il contributo di Leiber  alla sua fantascienza satirica, in particolare il romanzo L'Alba delle Tenebre (aka L'Era di Satana) che in Italia comparve in un numero di Urania ritirato dal commercio e distrutto: sembra che un semplice correttore di bozze fosse rimasto turbato dalla descrizione di un regime teocratico che si regge su finti miracoli ottenuti attraverso la tecnologia e se ne fosse lamentato prima col direttore della collana, Giorgio Monicelli, poi con Alberto Mondadori e infine con Arnoldo Mondadori che, temendo di incorrere nelle ire della Chiesa Cattolica, preferì far sparire il volume.
Concentrandoci invece sulla produzione horror di Leiber (che so essere il genere favorito da molti lettori di questo blog), possiamo dire che il nostro, esattamente come Robert Bloch e Ramsey Campbell, era partito emulando Lovecraft. Non a caso fu nel gruppo dei corrispondenti del Solitario di Providence. Leiber, tuttavia, è stato capace di aggiungere alle spaventose creature sovrannaturali e agli orrori innominabili un maggiore approfondimento psicologico dei personaggi. Secondo molti questa capacità gli veniva dall’aver frequentato a lungo il teatro, essendo figlio di due attori shakespeariani e avendo lui stesso recitato sul palcoscenico e più raramente al cinema. Ciò gli dava un’abilità innata nel calarsi nei panni dei suoi protagonisti.
Un esempio della bravura dell’autore con il brivido è il romanzo Nostra Signora delle Tenebre, che molti considerano il capostipite dello urban fantasy, ma a mio avviso è principalmente un horror. La trama ruota attorno a delle entità spettrali chiamate “paramentali” che infestano le grandi metropoli moderne esattamente come i fantasmi infestavano gli antichi manieri. A svelare i loro segreti sarebbe stato un occultista, Thibaut de Casties, nel suo libro Megapolisomanzia: Una Nuova Scienza delle Città, il cui ultimo volume è però introvabile. La specularità con la mitologia lovecraftiana (i Grandi Antichi, Abdul Alazred e il suo libro, il Necronomicon) è fin troppo evidente, ma l’approccio alla narrazione è diverso.  Mentre Lovecraft preferiva occuparsi dei “fenomeni” che non delle persone, Leiber si impegna a rendere il più realistico possibile i suoi personaggi. Basta considerare la  cura con cui caratterizza il protagonista, praticamente un suo alter ego: è uno scrittore pulp, vive a San Francisco, ha da poco perso la moglie e combatte con l’alcolismo. Porta persino un nome tedesco, Franz anziché Fritz. Anche i comprimari come la defunta moglie del protagonista e la vicina di casa non sono certo lasciati al caso.
Arriviamo così ad un altro punto focale dell’opera leiberiana, cioè i personaggi femminili. Innanzitutto Leiber indugiava più di Lovecraft sull’erotismo. In Nostra Signora delle Tenebre, così come nel racconto dedicato al vampirismo La Ragazza dagli Occhi Famelici, fascino femminile e raccapriccio sembrano confondersi morbosamente, pur senza arrivare agli eccessi successivi di Clive Barker o altri autori contemporanei. In ogni caso però le donne di Leiber sono sempre personaggi a tutto tondo, anzi spesso invece di essere il semplice oggetto del desiderio maschile sono loro a tenere in scacco il maschio in modo più o meno sottili.
Emblematico in questo senso è La Congiura delle Mogli (o Il Complotto delle Mogli a seconda della traduzione), che rivisita, dopo il vampirismo e i fantasmi, la figura archetipica della strega. La storia ruota attorno ad un serio e stimato professore, il quale scopre che sua moglie pratica segretamente riti magici. Convinta la consorte ad abbandonare quella che per lui è solo una sciocca superstizione, fa la triste scoperta non solo che tutto il suo successo accademico derivava da tali pratiche stregonesche, ma che tutte le donne del mondo sono streghe all’insaputa degli uomini. Da questo spunto che potrebbe fare anche sorridere l’autore riesce a ricavare un’opera di autentica suspence in cui moglie e marito impotenti senza magia si trovano a perseguitati da temibili streghe, mogli di professori rivali.
La Congiura delle Mogli piacque tantissimo a Richard Matheson e Charles Beuamont che ne trassero una sceneggiatura per un film che doveva essere realizzato dalla AIP ma poi rimbalzò alla Anglo-Amalgamated ed infine alla Hammer che lo riambientò in Inghilterra. Il risultato finale intitolato Night of the Eagle (aka Burn! Witch, Burn!), pur non essendo né la prima, né l’ultima trasposizione di questo romanzo, fu un piccolo gioiello del brivido con protagonista Peter Wyngarde.


domenica 6 luglio 2014

I due più spaventosi

E' da un po' che non bazzico più come prima la narrativa horror, anche perché ormai mi sono talmente abituato ai cliché del genere che difficilmente un racconto del terrore riesce a trasmettermi vera paura. Nonostante questo ci sono almeno due autore che riescono sempre a donarmi il famoso "brivido su per la schiena". Nonostante ciò, si tratta di autore che non vengono immediatamente associati al genere horror ossia Tim Powers e Chiana Miéville

Tim Powers

Californiano, conosce un periodo di notorietà perché dal suo libro Mari Stregati (At The Dark Tide) è stato tratto l'ultimo film della saga Pirati dei Caraibi (ma il protagonista del romanzo NON era Jack Sparrow). E' stato, insieme agli amici Kevin W. Jeter e James Blaylock, tra i primi autori negli anni '80 a definirsi steampunk. In realtà i suoi romanzi più che fantascienza legata alla tecnologia del vapore sono storie del brivido con ambientazioni storiche, di preferenza la Londra dell'800.
Un buon esempio dello stile di Powers è Le Porte di Anubis, con per protagonista un professore americano di letteratura che finisce catapultato nel passato, incontrando i poeti Coleridge e Byron, ma trovandosi anche a dover fronteggiare una setta di stregoni adoratori degli dei egizi. Difficile non ricordare con un certo sgomento l'inquietante pagliaccio Horrobin e la sua corte di freak, ladri e mendicanti. In Le Porte di Anubis, d una rappresentazione dell'inizio Ottocento ricostruito nei minimi dettagli, si affiancano suggestioni vagamente dickensiani.
Ancora meglio sono i due romanzi d'argomento vampirico Lamia (Stress of Her Regard) e La Tomba Proibita (Hide Me Among the Graves). Powers recupera l'immagine dei primissimi vampiri letterari, evanescenti ed immateriali come fantasmi e li mette abilmente in relazione con varie creature della mitologia greco-romana, quali gorgoni, sirene e lamie, e mediorientale come i djinn, oltre che con varie superstizioni popolari britanniche (le anime dei morti che finiscono nel fiume Tamigi). Il tutto in un contesto pseudo-storico in cui compaiono poeti e narratori romantici quali Lord Byron, John Keats, Percy Bysshe Shelley, sua moglie Mary, l'autrice di Frankenstein, e John William Polidori, autore de Il Vampiro, capostipite dei non morti della narrativa occidentale.

China Miéville
Inglese di nascita, ma vissuto a lungo in Egitto, Miéville nascondo dietro un aspetto da teppista con testa rasata, tatuaggi e piercing una profonda cultura accademica: si è laureato in antropologia con una testi sul Medio Oriente e ha scritto un saggio di scienze politiche intitolato Under Equal Rights: Marxist and International Law. Inoltre milita nel Movimento Socialista Internazionale ed ha fondato, insieme tra gli altri al regista Ken Loach, il partito Left Unity. Parliamo quindi di un vero comunista rivoluzionario e non uno dei soliti "democratici" liberisti-colonialisti che oggi imperano.
Allo stesso tempo è un cultore del fantastico sotto tutte le sue sfumate. Tra i suoi idoli cita autori molto diversi fra loro, ad esempio Philip Dick, H.P. Lovecraft, Michael Moorcock, Michael de Larrabeiti e Mervyn Peak. Dopo il primo romanzo Un Regno in Ombra (King Rat) ancora legato al filone dello urban fantasy, cioè il fantasy d'ambientazione contemporanea, è poi approdato alla commistione assoluta di fantascienza, fantasy e horror, denominata new weird..
Un ottimo esempio di new weird è il suo ciclo di Bas-Lag composto dai tre romanzi Perdido Street Station, La Città della Navi (The Scar), Il Treno degli Dei (The Iron Cuncil) e dal racconto In Cerca di Jake. La trama fluviale si dipana in un mondo in cui la magia razionalizzata e studiata come scienza vive parallelamente ad una tecnologia da rivoluzione industriale. I contrasti tra classi sociali, come anche quelli "etnici" tra umani,  xeniani (esseri in parte umani e in parte animali e piante) e rifatti (umani mutati geneticamente o con parti meccanica innestate nel corpo) si fanno esplosivi e il governo dispotico e fintamente egalitarista della decadente città di New Crobuzon va verso il collasso. Alla critica sociale si mescola un'immaginazione scatenata con una predilezione per il macabro.
Miéville è forse il miglior autore dopo Lovecraft a descrivere creature che vanno oltre l'umana comprensione: le Falene Estinguitrici, il Tessitore, la Stirpe Infernale e le caste di morti e semi-morti dell'Alto Cromneck sono tutti esseri che sembrano balzare fuori dalle pagine per insinuarsi nell'inconscio del lettore e provocargli incubi. Non mancano però anche esseri più affascinanti, per esempio le Khepri,  orgogliose donne con al posto della testa un intero scarabeo con tanto di zampe a ali.
Se Tim Powers cerca il realismo storiografico, China Miéville si lascia trascinare dal fantastico "puro", tuttavia entrambi  curano con una grande attenzione le psicologie dei personaggi, rendendo facile l'immedesimazione del lettore con essi. Senza contare che ambedue sono dotati di una prosa ricca ed evocativa, lontana mille miglia dalla piattezza di tanti narrativa odierna, troppo influenzata da cinema e TV.
In conclusione se volete regalarvi una vera esperienza di orrore letterario non perdete di vista questi due autori.



martedì 3 giugno 2014

Axa (recnsione) di Davide Mana


Copio/incollo una recensione dell'amico Davide Mana:
Interessarsi di narrativa d’immaginazione al di là del qui & ora che pare essere il principale interesse della maggioranza dei fan significa talvolta scoprire capolavori dimenticati, e spesso soltanto inciampare su strane cose.
Nel 1978 il Sun – il famigerato tabloid britannico – decise che era ora di mettere un po’ di pepe nella propria pagina dei fumetti – e commissionò una striscia quotidiana a Romero, disegnatore spagnolo famoso per aver creato i fumetti di Modesty Blaise.
le matite di Romero sarebbero state al servizio delle sceneggiature Donne Avenell, leggendario autore di decine di strisce dei quotidiani.
Il Sun aveva le idee abbastanza chiare, su cosa voleva.
E così Romero e Avenell crearono Axa.
La trama?
In un futuro nel quale la terra è stata devastata dalla Contaminazione, la civiltà sopravvive in una città chiusa in una cupola, nella quale la vita dei cittadini è strettamente regolata.
La giovane Axa si ribella alla società ingessata della città, si libera dei propri abiti, e fugge all’esterno, dove si trasforma ben presto in una avventuriera semibarbarica.
E queste sono si e no le prime tre strisce.
Una decina di vignette.
Tre giorni.
Ci sono le basi per un sacco di avventure e capitomboli, considerando che la serie proseguì fino al 1986 – quando il Sun decise di tagliarla.
E in effetti, in quegli otto anni, la bionda Axa vagò seminuda per un mondo popolato di creature mutanti, tecnologie relitte, enclave umane sopravvissute in un modo o nell’altro alla Contaminazione.
Ma non successe granché, a dire il vero.
Axa è davvero un prodotto dei suoi tempi – più imparentata con Barbarella e Vampirellache con Red Sonja o Modesty Blaise.
Alcuni spunti sono piuttosto interessanti, alcune situazioni sono sottilmente satiriche – e il tratto di Romero è sempre ottimo – ma le storie sono un po’ troppo interessate al lato ormonale della vicenda per riuscire a sviluppare molte delle idee al di là del semplice pretesto, e la satira pare quasi contrabbandata nelle trame da autore e disegnatore, in barba all’editore.
La storia standard è di solito una variante della formula più trita della narrativa fantasy avventurosa.
  • Axa arriva in un nuovo angolo del suo mondo.
  • Affronta il mostro.
  • Incontra una comunità più o meno ostile.
  • Seduce/viene sedotta dal maschio alpha di turno.
  • La sua presenza innesca una crisi.
  • Mentre il sistema collassa, Axa affronta un paio di avversari…
  • … epoi torna sulla strada, verso nuove avventure.
Non aiuta che, nelle prime strisce, Avenell, che deve ancora prendere le misure del mondo e del personaggio, caschi nella vecchia “sindrome diPrince Valiant
  • la vignetta mostra Axa minacciata da una lucertola mutante
  • Axa esclama, “Una lucertola mutante!”
  • la didascalia dice “Questa è la tana di una lucertola mutante”
Poi le cose migliorano, ma nel complesso la serie è certamente un guilty pleasure – un interessante pezzetto di storia del genere science-fantasy post-apocalittico
Quando il Sun staccò la spina, Romero vendette il concept alla Eclipsa – nota casa editrice indipendente – per la quale pubblicò due numeri, con le sceneggiature di Chuck Dixon.
Le trame mostrano una certa influenza di pellicole comeMad Max, le scene di nudo e il sesso rampante vengono limitati (ma non limitati – anche Dixon sa bene cosa vende), e alcuni dei comprimari vengono in qualche modo ridefiniti secondo i gusti e le tendenze degli anni ’80.
Avrebbero dovuto farci anche un film, ma non se ne fece nulla.
Poi, nel 2011, venne creato un gioco per smartphone ispirato alla serie.
Esiste anche una ristampa americana – che riproduce la serie completa (incluse le pagine a colori domenicali) in una decina di volumi e aggiunge delle introduzioni interessanti.
Non sempre chi si occupa di narrativa d’immaginazione d’antan scopre dei tesori – a volte sono solo strane cose dimenticate.
Ma è sempre piuttosto divertente.

sabato 24 maggio 2014

Tributo a Michael Moorcock




Fino a non molto tempo fa io leggevo solo horror, nonostante la mia giovanile passione per Robert Erwin Howard, il creatore di Conan e Solomon Kane. Per altro avevo scoperto Howard leggendo Lovecraft e i suoi epigoni.
Solo più recentemente i miei interessi si sono spostati verso il fantasy e soprattutto verso i filoni del sword and sorcery e del sword and planet (di cui parlerò più avanti). E così non ho potuto fare a meno di imbattermi nel maestro inglese Michael Moorcock.
Moorcock ha praticamente dominato il fantasy e la fantascienza degli anni '60 e '70, che ha praticamente rinnovato con la rivista da lui diretta, New Worlds. La creazione che l'ha consegnato alla storia è stato Elric di Melniboné. Albino, stregone, drogato, innamorato della cugina (e quindi anche un po' incestuoso), Elric è il riluttante imperatore dell'Isola del Drago, un impero in decadenza i cui abitanti riconoscono come unica virtù l'egoismo e non disdegnano pratiche come la magie nera, la tortura e la schiavitù.Il giovane imperatore, tuttavia, vorrebbe trovare un modo più giusto e equo per governare, ma è condannato dalla presenza al suo fianco della spada demoniaca Tempestosa che risucchia le essenze vitali dei nemici uccisi nel suo proprietario, che altrimenti sarebbe debole e malaticcio.
Dalla penna di Moorcock sono nati tanti altri personaggi come Michael Kane il Guerriero di Marte, variante più scientificamente credibile del John Carter di Burroughs; Corum, ultimo discendente di una specie pre-umana che ha sostituito un suo braccio e un suo occhio con quelli di due dei; il dandy Jerry Cornelius ripreso anche da Moebius nel Garage Ermetico;Horace Wastable, anticipatore dello steampunk e Erekose il Campione Eterno, reincarnazione nel nostro mondo di tutti i precedenti eroi moorcockiani.
Sicuramente uno dei cicli fantastici più riusciti di Moorcock è a mio parere quello della Runa Magica (in originale "Runestaff", bastone delle rune), incentrato su Dorian Hawkmoon duca von Koln che in un futuro post-apocalittico,in cui gli scienziati sono anche dei maghi,si trova a fronteggiare l'Inghilterra, trasformatasi nell'Impero Oscuro di Granbretan e popolata da una corrotta aristocrazia che indossa maschere di animali persino nella vita privata.
Unico neo nell'opera dello scrittore inglese (le cui opere, snobbate dal cinema, sono state però adattate più volte a fumetti) sono a mio avviso i personaggi femminile. Sia Cymoril nel ciclo di Elric che Yisselda in quello di Hawkmonn sembrano semplicemente il cliché della "fanciulla in pericola".
Ciò nonostante Moorcok resta un autore imprescindibile per chiunque ami il fantasy epico, capace con la sua prosa e le sue continue,a volte macabre e a volte oniriche, di trascinare il lettore in un caleidoscopio di visioni.

domenica 27 aprile 2014

Andrea Bulgarelli


Volevo dedicare un post a Andrea Bulgarelli, un disegnatore di cui da tempo si sono perse le tracce, ma con uno stile fortemente influenzato da Buscema, Frazetta e Frank Thorne. A lui si deve Xandra (testi di Enrico Teodorani), un heroic fantasy talmente infarcito di scene splatter e hardcore che non posso mostravi molto più di questo. Peccato non averlo più visto al lavoro su altro.